Torino, Palazzo della Promotrice, 86a Esposizione della Società promotrice di Belle Arti, 1928, n. 194 Milano, Galleria Pesaro, Trentatre artisti futuristi, 1929, cat., n. 85 Torino, Galleria Codebò, Mostra personale del pittore futurista Fillia, cat., 1929 Torino, Galleria Il Punto, Fillia, 1964, cat., n. 11 (illustrato) Torino, Galleria La Bussola, Fillia, gennaio 1966, cat., n. 9 Biella, Galleria Mercurio, Fillia, 1966, cat., n. 9 New York, Galleria Daverio, Fillia, 1994, cat., p. 193, n. 65, tav. IX (illustrato) Roma, Studio Sotis, Zig Zag immaginare la parola, marzo-aprile 1995 Roma, Galleria Edieuropa, Futurismo a Roma, anni Dieci-Quaranta, 1 dicembre 2002 - 31 gennaio 2003, cat., (illustrato) Milano, Galleria Fonte d'Abisso, Universo Meccanico. Il Futurismo attorno a Balla, Depero, Prampolini, 27 marzo - 31 maggio 2003, cat., p. 54 (illustrato con tecnica errata)
Literature
E. Crispolti, Il mito della macchina e altri temi del futurismo, Trapani, 1969, p. 479, fig. 137 (illustrato) S. Evangelisti, Fillia e l'avanguardia futurista negli anni del fascismo, Milano 1986, p. 193 (illustrato con tecnica errata)
Provenance
Galleria La Bussola, Torino Galleria Qui Arte Contemporanea - Centro d'Arte Editalia, Roma Philippe Daverio Gallery, New York ivi acquisito dall'attuale proprietario nel 1990
Notes
Artist's Resale Right ("droit de Suite"). If the Artist's Resale Right Regulations 2006 apply to this lot, the buyer also agrees to pay us an amount equal to the resale royalty provided for in those Regulations, and we undertake to the buyer to pay such amount to the artist's collection agent. Where there is no symbol Christie''s generally sells lots under the Margin Scheme. The final price charged to Buyer''s for each lot, is calculated in the following way: 30% of the final bid price of each lot up to and including € 20.000,00 26% of the excess of the hammer price above € 20.000,00 and up and including € 800.000,00 18,5% of the excess of the hammer price above €800.000,00 Nel policentrico (e polimorfo) paesaggio del futurismo degli anni Venti, le posizioni di Pannaggi e - per l'aspetto ideologico soprattutto - di Paladini risultavano eterodosse rispetto alla linea dominante, dettata da Marinetti, e assai più vicine per contro alle posizioni del futurismo romano (Balla, Prampolini e Anton Giulio Bragaglia in testa), che si era sempre sentito relativamente svincolato dalla linea marinettiana. Non meno autonoma rispetto a Marinetti, e altrettanto vicina a Balla e, più ancora, a Prampolini, fu la posizione del gruppo futurista torinese, che prese corpo proprio in occasione della mostra del 1922 al Winter Club, in cui Paladini era rimasto folgorato dal comunismo. Torino, città operaia, viveva allora il "biennio rosso", ma il futurismo, che pure era di orientamenti politici opposti, attraeva molti giovani di sinistra per la sua veemenza antiborghese, per il piglio rivoltoso e per l'opportunità offerta agli artisti di eludere i modelli ufficiali e di entrare al contempo a far parte di un'organizzazione capace di promuovere il loro lavoro. Fillia (si chiamava in realtà Luigi Colombo, ma scelse da subito di qualificarsi con il solo cognome materno) era uno di questi: diciottenne (era nato nel 1904), incontrò Marinetti al Winter Club e nell'aprile del 1923 fondò con Tullio Alpinolo Bracci il gruppo futurista torinese, diventandone il leader e l'ideologo. Legato al Proletkult (nello stesso 1923 diede alle stampe presso l'Istituto di cultura proletaria un opuscolo con cinque sue poesie e alcuni componimenti di altri autori intitolato 1+1+1=1. Dinamite. Poesie proletarie. Rosso + Nero), Fillia, con Bracci, impresse al futurismo torinese nascente, che pure dichiarava "apolitico", una forte impronta operaistica, indirizzando ai lavoratori il manifesto di fondazione (intitolato significativamente Movimento futurista torinese. Sindacati artistici torinesi) e promettendo di promuovere la diffusione della cultura popolare. Al pari di Paladini, tuttavia, anche Fillia e Bracci dall'anno successivo avrebbero espunto dai loro documenti gli accenti sociali e politici, avvicinandosi così alle posizioni di Marinetti che aveva intanto riconfermato la sua adesione al fascismo. Fillia sarebbe morto giovanissimo di tubercolosi, nel 1936, ma in quei pochi anni avrebbe prodotto una vera messe di contributi teorici e diretto un gran numero di riviste, da "Vetrina Futurista" a "La Città Futurista", da "La Città Nuova" a "La Terra dei Vivi", "Stile Futurista" e "La Forza". Il suo contributo teorico al dibattito sull'arte meccanica prima e poi sull'aeropittura e idealismo cosmico, fino al ruolo di capofila dell'arte sacra futurista, fu dunque fortissimo. Ma fu anche un buon pittore e nel corso degli anni venti crea un corpus di opere di segno francamente meccanico, già venate tuttavia di quello spiritualismo che segnerà così profondamente la sua stagione aeropittorica e la produzione sacra. Allineandosi alle posizioni del manifesto L'arte meccanica, e forzandole ulteriormente in una direzione spiritualista, Fillia darà della macchina un'interpretazione "animistica", opposta dunque al funzionalismo costruttivista. Scriveva infatti nel 1925: "Ogni macchina è per la sua azione, il centro assoluto di un'infinità di oggetti e di derivazioni dipendenti - noi chiamiamo perciò 'idoli meccanici' le rappresentazioni plastiche delle diverse macchine, rendendole con la somma delle loro forze e delle sensazioni derivate. Presentiamo al pubblico le costruzioni spirituali provocate da una macchina". La macchina diventa così per lui un'entità spirituale che informa di se, del suo "spirito meccanico" la produzione artistica, dettando leggi di ordine e di misura. (...) I suoi dipinti degli anni Venti si muovono dunque in questo clima: sintetici, rigorosi, costruiti con forme geometriche nette e campiti da colori uniformi, rappresentano un mondo informato dallo "spirito" della macchina. Alla metà del decennio, poi, le sue opere, al pari di quelle del primo Prampolini "meccanico" (Prampolini era e resterà sempre il suo modello), appaiono costruite con una "architettura di piani colorati" rigorosamente geometrici e bidimensionali, e per di più campiti di netti aplats di colore. (...) Sul finire del decennio, con la serie dei dipinti intitolati Femminilità, Fillia mostra di aver intrapreso una nuova stagione, vicina ancora una volta al successivo modello prampoliniano: i colori si sfumano, i volumi si torniscono ma al contempo si sfaldano e diventano incorporei e la figura umana, sebbene sintetizzata in volumi geometrici, invade l'intero dipinto a discapito delle forme industriali che fino ad allora avevano dominato le sue composizioni, preludendo ai dipinti del decennio successivo. (A. Masoero, Gli anni venti. l'arte meccanica, in Futurismo 1909-2009, Milano 2009, p. 226, 235)